Ormai sono anni che ci sentiamo dire che le tasse non devono aumentare, ma solo diminuire. Ci si sente ripetere un alquanto ipocrita refrain governativo e questo dopo gli spifferi di corridoio da Palazzo Chigi che riguardano tutti i cittadini e tutte le aziende, ma non quelle che fanno parte del gioco pubblico compresa la guida ai casino online e, di conseguenza, figlie di un (dichiaratissimo) Dio minore, visto che per questo settore sono già aumentate, ed anche in modo considerevole, sotto il Governo Renzi: passaggio del prelievo sugli apparecchi da intrattenimento dal 13 al 17,5%, oppure alla tassa sui 500 milioni del 2015.
Ora, sembra che “la storia si ripeta”. Ma, vista la situazione dell’intero settore del gioco, se si realizzasse avrebbe risultati ancora più gravi e deleteri per tutta la filiera e se fosse “vero davvero” il nuovo balzello, oltre a concretizzarsi in un impegno davvero insostenibile per le imprese, avrebbe una ripercussione assolutamente negativa relativamente agli sforzi (a questo punto si potrebbe anche pensare assolutamente “apparenti”) dell’Esecutivo e degli Enti Locali per arrivare affannosamente ad un punto di equilibrio nel settore con una riduzione drastica sul mercato.
L’ipotesi futuribile di una “tassa unica” sui giochi, che trapela sempre più insistentemente, si concretizzerebbe con un balzello sugli oltre 90mila punti vendita e verrebbe giustificato come “un colpo di freno al gioco d’azzardo cresciuto a dismisura e raddoppiato in dieci anni”. Ma questa soluzione avrebbe difficoltà a convivere con le politiche di riforma discusse e trattate in Conferenza Unificata tra il Governo, Regioni ed Enti Locali.
Ovviamente, e mai come in questi casi la politica risulta essere sempre “d’amore e d’accordo” in tutti gli schieramenti politici, servono quattrini per evitare il default: ergo, prendiamo pure dai giochi. Molto meglio “rastrellare quattrini dall’azzardo” piuttosto che intervenire con tagli alla scuola, alla cultura, alla ricerca… ci mancherebbe.
A questo punto, però, una domanda che era rimasta “sopita” ed alla quale non andava neppure di rispondere, sorge spontanea: ma le intenzioni del Governo di ridurre davvero l’offerta del prodotto gioco, dei casino online e dei punti vendita saranno “veramente vere”? Ma se il Governo basa il salvataggio della sua economia proprio sulle entrate dal mondo del gioco d’azzardo, come può “veramente” pensare di ridurlo, ridimensionarlo e riformarlo? Sono domande che forse andrebbero rivolte, in prima battuta, proprio agli Enti Locali che dovrebbero essere i primi a prendere posizione nei confronti del Governo e ad indignarsi rispetto al percorso di introdurre nuove tasse al settore del gioco: e questo ancora prima dei “poveri addetti ai lavori”.
Ed, infine, per un assurdo paradosso, questo aumento delle tasse dovrebbe rassicurare tutti gli operatori del gioco su di un “futuro certo” dal quale il Governo continuerà ad attingere… senza alcuna vergogna! Però, forse, l’Esecutivo non ha riflettuto sul fatto che “il pozzo senza fondo del gioco” è all’asciutto e non esiste quasi più nulla al quale attingere: “l’acqua santa” è finita e la fonte inesauribile, invece, si è completamente esaurita, sopratutto in questi ultimi due anni di sofferenza per l’intero settore del gioco.
Insomma, a chi scrive e non solo, se questo percorso si realizzasse sarebbe particolarmente pericoloso ed assai avventato: e non serve, certamente, una Conferenza Unificata per riuscire a capire quanto questa “ultima spiaggia” non sarebbe da visitare. Dovrebbero rendersene conto prima l’Esecutivo e poi gli Enti Locali, o viceversa… l’importante è che qualcuno se ne renda conto.